TRADURRE E’ TRADIRE così ci dissero a lezione. Tradurre è interpretare e l’interpretazione arricchirà di sfumature nuove e diverse, che ognuno porterà con la propria sensibilità, alla storia che si appresta a tradurre.
Tradìto e tràdito derivano dalla stessa voce del latino, tradĕre, e significano uno falsato, ingannato, cambiato, l’altro consegnato, tramandato e l’attore fa questo, raccoglie il testo, lo “falsifica” e lo tramanda.
L’Odissea, come tutte le opere di “scrittura collettiva” derivanti dalla tradizione orale e scritte solo successivamente, è stata tramandata e tradìta migliaia di volte, ha riunito in sé storie diverse, ha unito popolazioni e racconti, solo alla fine ha avuto una definizione “univoca” disponendo le storie in un ordine, con personaggi con un nome riconoscibile, riunendo tutte le sfaccettature della tradizione orale (basti immaginare solo Penelope nella voce di un uomo o di una donna quante differenze può avere…).
L’Odissea è la storia del ritorno di Odisseo ad Itaca, dopo la guerra di Troia, che aveva risolto con il famoso stratagemma del cavallo (ma fu un cavallo?). Tutti tornarono nelle loro città in tempi ragionevoli, eroi e non eroi, solo Odisseo, partito con 12 navi e 720 persone di equipaggio, torna solo, misero, sbattuto, ritrovando la casa invasa da “pretendenti” (proci, da procus, pretendente…) della moglie, la regina Penelope.
Magari era solo una storia così, senza pretese di altri significati: Odisseo era davvero Odisseo, Penelope la moglie e gli altri e le altre personaggi che erano solo personaggi, solo la storia di un ritorno a casa, ma nell’essere tramandata, tràdita, può essere stata tradìta cercando altri significati, altre storie dentro la storia, e fino ad oggi, ancor più con l’arrivo della psicanalisi, si sono interpretate ulteriormente alcune posizioni del pensiero e delle figure narrate.
In un periodo di “fermo obbligato in casa” in cui spesso la “casa” non è neanche più il porto accogliente in cui arrivare ma una specie di galera estranea ed estraniante, in cui i viaggi non sono ammessi se non all’interno di sé stessi, in una analisi e scoperta di “mostri crudeli” e “sensuali maghe e dee”, di “inferni pieni di morti”, l’Odissea sembra volerci parlare ancora, per riallineare la nostra storia.
Diesis Teatrango ha deciso di dedicare il 2021 all’Odissea e lo fa con il lavoro nelle scuole, attraverso i Laboratori e la Scuola di Teatro, con la produzioni di spettacoli ed eventi.
Ovviamente, nelle condizioni attuali, stiamo sperimentando, nelle scuole e nei laboratori, anche con risultati che ci stupiscono, forme essenziali per lavorare con i linguaggi del teatro, “da remoto”, per drammaturgie nuove, che possano sfruttare il digitale, moderno, per parlare e aprire nuovi orizzonti partendo dal classico. Il quadratino, spazio in cui ci vediamo e siamo rinchiusi, è la proiezione del luogo (casa, stanza, ufficio, aula) dove elaboriamo creativamente le relazioni e che richiede la messa in gioco personale e professionale per creare nuove regole, perché la presenza sia piena come quella che richiede il lavoro teatrale. Arriveremo alle nostre Itaca anche così.